«Il Principe» di Niccolò Machiavelli
De «Il Principe» di Niccolò Machiavelli avevo sentito parlare spesso. Mi aspettavo qualcosa di complicato, anzi, di più: mi aspettavo ragionamenti arzigogolati (non so per quale ragione ma questo credevo significasse l’aggettivo machiavellico; so di altri che credevano significasse invece «divertente, giocoso, scherzoso») con mia sorpresa è, al contrario, qualcosa di serio, sì, ragionato, pure, ma non così stravagante: è solo un sunto di «strategia di base», di raffinata intelligenza sociale. Un libretto che concentra una buona dose di spunti per condizionare il proprio successo attraverso l’alterazione della realtà, conseguibile con una precisa costruzione della propria immagine apparente a dispetto del proprio atteggiamento fattuale; unica scivolata: la maschilistica visione della fortuna, quale unico marcatore temporale (lingua a parte) a non aver retto i secoli: si parla infatti di un testo pubblicato la prima volta nel 1532.
Vi dirò: mi sono tanto divertita a leggere questo libriccino.
LA TRAMA
C’è quest’autore, politico, storico, e filosofo a modo suo che – scocciato dalla situazione in cui versa l’Italia (in balia di francesi, spagnoli, e svizzeri al soldo dei primi) – per risolvere la faccenda una volta per tutte ha pensato bene di scrivere ai potenti consigliando loro come fare per riprendere potere e poi tenerselo. Circa. Il libretto comprende in effetti un’introduzione, alla quale fanno seguito diversi capitoli che trattano la questione sotto più punti di vista portando esempi concreti di quei tempi, per chiudere con un’esortazione a darsi una mossa. Ogni scheda continente suggerimenti pratici su come diventare padri e padroni, grazie alla diplomatica arte della manipolazione, che prevede peraltro la tacita complicità di un popolo mantenuto sciocco, per non dir di peggio.
OLTRELATRAMA
Al di là degli esempi concreti, le massime, le sentenze, i princìpi son tristemente quelli sempre in vigore: un vademecum per i politici di oggi. Riassumendo in due righe: non fare lo «stronzo», ma non essere buono: sii «stronzo», facendo finta di essere buono. Capisco bene che se ne parli ancora. E pure che nei secoli siano insorti degli indignati: a chi piace sentirsi nudo? Se poi ad essere denudato è chi detiene il potere, i conti si fanno in fretta. Da una parte, l’umiliazione (che è poca cosa), dall’altra il rischio di vedersi inceppare l’ingranaggio: se uno sa che potresti mentire, forse ci sta più attento…
Serve però non solo ai politici, un vademecum simile. Utilissimo potrà rivelarsi – sempre ancora oggi – anche semplicemente a chi desideri scalare i vertici di un’azienda, o inseguire un certo tipo di successo in tanti altri ambiti e, perché no, pure in quelli dell’editoria. Basterebbe riassumere alcuni concetti tra i tanti, che permettono di capire ad esempio come diventare adulatori con dignità, cioè fingendo bene, senza farsi beccare. Per dirne una. Che sono poi quegli atteggiamenti dai quali io metto in guardia all’interno del pamphlet Tutti scrittori! Come difendersi dai corsi di scrittura creativa.
Fuori tempo massimo, invece e come detto in apertura, è di certo la scheda dedicata alla fortuna, dato che contiene un paragrafo che da solo potrebbe scatenare le femministe di tutto il mondo per chiederne la distruzione, se non proprio la messa al rogo di tutte le copie; a voi l’ardua sentenza: «Io iudico bene questo: che sia meglio essere impetuoso che respettivo; perché la fortuna è donna, ed è necessario, volendola tenere sotto, batterla e urtarla. E si vede che la si lascia più vincere da questi, che da quelli che freddamente procedano; e però sempre, come donna, è amica de’ giovani, perché sono meno respettivi, più feroci e con più audacia la comandano.»
A scanso d’equivoci, per quanto mi riguarda quest’ultimo paragrafo è degno degli altri. Vale a dire, che laddove Machiavelli invita ad assumere un certo comportamento – in tutte le pagine – personalmente lo interpreto al contrario: come, per l’appunto, lo smascheramento di questo modo di affrontare le cose, la vita, le relazioni, e via elencando, che di fatto vige, e che – a volte – mi pare sia legittimato e anzi quasi lodato. Da questa constatazione, trovo utilissima la presenza del paragrafo maschilista, l’unico – forse – che oggi indigna davvero, a dimostrazione di una certa pochezza, o povertà d’animo rispetto ad altri valori. E son persuasa che questo ultimo mio paragrafo probabilmente non sarà di facile comprensione, per lo stesso motivo.
CITAZIONI
«Non si può ancora chiamare virtù ammazzare e’ sua cittadini, tradire gli amici, essere sanza fede, sanza pietà, sanza religione; li quali modi possono fare acquistare imperio, ma non gloria.»
«…li principi savi hanno con ogni diligenzia pensato di non desperare e’ grandi, e di satisfare al populo e tenerlo contento»
«E gli uomini, in universali, iudicano più agli occhi che alle mani; perché tocca a vedere a ognuno, a sentire a pochi. Ognuno vede quello che tu pari, pochi sentono quello che tu se’»