«La montagna incantata», di Thomas Mann
Ho terminato la lettura di questo grande romanzo del Novecento, come si suol dire, già da un paio di mesi, ma non riuscivo a scriverne. Ci provo ora. La difficoltà nasce dal contenuto del libro che si presta più che a molte letture, a una lettura ancora più lenta di quella adottata da me, che ci ho messo due anni per terminarlo. Servirebbe, infatti, una lettura ragionata, pagina dopo pagina. Un lavoro immane. Servirebbe per soddisfare il senso di vuoto di parole che ho nel mentre cerco di dire qualcosa di corrispondente all’opera. In pratica sento di essermi persa molto di quanto letto, ed è poi la ragione per cui non ne ho ancora parlato: mi pare di poter dire niente che sia sufficiente a rendere la portata di quel che vi è contenuto. Avrei la voglia di approfondire ogni dettaglio, ma in fondo lo avranno già fatto menti ben più elastiche della mia, e poi a me manca il tempo. Eh sì, proprio il tempo: uno, se non il protagonista principale di questo capolavoro. L’amore è – per me – il secondo protagonista. Questo è di fatto un libro sull’ossessione per un amore non corrisposto.
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