«Dracula» di Bram Stocker
Un romanzo umanista fino all’ultima goccia di sangue. Così umanista che sorprende quanta gloria riservi alla donna, donna che al suo servizio ha uomini più che valorosi, gentili. Ecco. A fine lettura mi resta dentro non il male ma la gentilezza.
Che singolare esperienza è stata la lettura di “Dracula”, il romanzo di Bram Stocker. Mi ha fatto la stessa impressione che mi fece leggere due o tre racconti di Edgar Allan Poe. Entrambi gli autori vengono spesso descritti come narratori di storie cupe e ricche di orrore, eppure – sarà che ormai la storia di Stoker è sin troppo nota o sarà che l’età mi gioca contro – io che pure son parecchio sensibile non ho percepito nessun orrore; certo, una certa tensione narrativa non manca, c’è la lotta del bene e del male; dell’umano e del selvaggio; ma nessuna paura e manco un eventuale disagio per le ambientazioni. (Forse un pizzico di schifo durante le scene in cui un malato in cura psichiatrica si ciba di insetti e animaletti, ma ci sta).
E pensare che non ho mai visto nemmeno un solo minuto di film che riguardi Dracula o altri vampiri in generale. Manco un fumetto. Ho infatti sempre schifato la traduzione che ne è stata fatta, e dove per l’appunto mi pare venga messa in risalto la parte meno interessante (più suggestiva se enfatizzata, ovviamente, ma non ciò che conta davvero). Riassumendo, non spaventa, ed è un romanzo magnifico. E forse lo è anche proprio perché non è così spaventoso, cioè magari è bello proprio perché non punta davvero su questo ma sulle relazioni che intercorrono tra i personaggi. Secondo me.
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