In immersione con Primo Levi

Ringrazio la redazione del sito I libri degli altri (sebbene nel frattempo abbiano chiuso la rubrica) per aver pubblicato un mio articolo di “analisi” sull’uso dei tempi verbali che Primo Levi fa nel libro “Se questo è un uomo”. Siccome non si trova più sul sito citato, ripropongo il pdf della pubblicazione.

Inoltre ringrazio Demetrio Paolin, autore di “Conforme alla gloria” (Voland edizioni – romanzo selezionato tra i dodici libri fanalisti al Premio Strega 2016) e autore di diversi studi critici su Primo Levi, per essersi reso gentilmente disponibile a chiarirmi un dubbio.

Al di là del contenuto, la forma

«Se questo è un uomo» di Primo Levi

Settimana scorsa ho finito di leggere «Se questo è un uomo» di Primo Levi. Ho letto un capitolo a settimana per un paio di mesi. A voce alta. Lasciando poi il tempo alle immagini di sedimentare e a me di vederle un po’ meglio, di sentirle. Alla fine di qualche capitolo ho preso degli appunti. Le prime immagini che mi sono rimaste fissate per diversi giorni nella mente sono arrivate subito dopo il primo capitolo: recandomi al lavoro in treno, ogni volta che salivo in carrozza mi apparivano in automatico i corpi di uomini, donne, bambini e anziani la cui sorte a un certo punto, all’epoca, fu affidata al caso, alla fortuna: chi scendeva da una parte era “salvo”, chi dall’altra era “bruciato”. Subito dopo venivo aggredita dal desiderio di un bombardamento come segno di giustizia su questi treni/campi… immaginazioni, insomma. 

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