Giochi di potere e d’impotenza

«L’ultima notte di Canova» di Gabriele Dadati

Che bel romanzo romanzesco di quelli come dio comanda. C’è tutto, la tensione narrativa che ti tiene incollata, la storia con la S maiuscola, anche in certi eventi ma soprattutto nei personaggi, ci sta una serie di conflitti relazionali, che se ne potevano fare pure due di romanzi, c’è la malattia e la morte dietro la porta, o sotto il letto, fate voi, poi c’è amore e desiderio sessuale, c’è il potere e altre forme dello stesso, c’è un narratore interessante che sa sdoppiarsi narrando il narrato, c’è tutto quel che serve per far girare le pagine una dietro l’altra; e sì, le ho girate tutte e con gran gusto.

LA TRAMA

Sta morendo, il povero Canova, scultore che ebbe l’onore e l’onere di modellare il marmo su immagine dell’imperatrice Maria Luisa d’Asburgo, seconda consorte di Napoleone Bonaparte, la quale, Maria Luisa, poco a poco racconterà all’artista certi scomodi e inquietanti segreti che lo porteranno, sul letto di morte, a sentire il bisogno di confessarsi, e lo farà chiedendo al proprio fratellastro di prestargli orecchio. Circa, eh. In mezzo a questo impianto serpeggia una storia un poco losca, giochi pericolosi, intrighi incerti. Il tutto è condito da un binomio micidiale: potere e impotenza.

OLTRELATRAMA

Non ho da aggiungere molto. Mi è piaciuto – sebbene non sia il personaggio principale – soprattutto Napoleone. Ho amato tanto come Gabriele è riuscito a caratterizzare così bene tutti i personaggi. E lo ha fatto proprio tanto bene: Bonaparte è uno spettacolo! E sono stata molto contenta anche di ritrovarmi tra le mani e sotto gli occhi una narrazione “che scivola via” senza quel “peso storico” che a volte i romanzi storici rischiano di “far pesare” (scusate il bisticcio). E non per i fatti narrati, ma per la bravura che l’autore ha avuto nel narrarli creando per l’appunto una tensione narrativa tale da incuriosire il lettore pagina dopo pagina. Alla fine del libro, sono rimasta a guardarlo da fuori, rivedendo e godendo il meccanismo della storia. Per il resto, non entro nel merito dato che ho avuto modo di sentir parlare di questo libro dall’autore stesso, quando ancora non era certa la pubblicazione. Anzi, glielo voglio dire: proprio la distanza tra quel che ne dice Gabriele, e il testo, mi sorprende. Trasformare certi grumi in modo da renderli così “leggeri”, significa aver lavorato davvero tanto per digerirli prima e farli finire in quel modo lì, sulla pagina. Alzo il cappello.