«L’isola di Arturo» di Elsa Morante
Procida: un porto, un cimitero, un’ancora. Un romanzo in bianco e nero.
Sullo sfondo la stessa materia prima (un bambino, i venti di guerra, il Sud, una mezza famiglia, le tradizioni, la povertà), stessa materia, ma maneggiata in modo diverso.
Parlo de L’isola di Arturo di Elsa Morante per rapporto al suo romanzo più noto, La Storia (non lo ripeto quanto da me poco apprezzato): là, attorno a Useppe, un’adulta ha una voce bambinesca sciocca con un ingombrante tono lagnoso, qui un bambino, Artù, parla con la voce di un adulto che rispetta l’immaginario del protagonista in un’epoca altra.
LA TRAMA
Potrei dire che parla di un ragazzino, Arturo, e dell’isola in cui è nato e cresciuto fino all’età della maturazione. Di Arturo e dell’amore per suo padre, la cui assenza ha agito su di lui più della sua presenza. Di Arturo che si scopre a crescere, a sentire pulsioni sessuali, lungo una formazione casuale, naturale. O ancora potrei parlare di Arturo in relazione alla sua crescente gelosia. Così come potrei dire in che modo cerca di seguire il codice d’onore del suo eroe. E del valore che attribuisce all’amicizia. E non sbaglierei. Ma in verità quello che a me è piaciuto di più è, non davvero lo scontro, ma la difesa e la resistenza dell’immaginazione di Arturo, rispetto alla realtà.
OLTRELATRAMA
…dove è la prima, l’immaginazione, a vincere sulla seconda, quella realtà che nei libri viene forzata e reinventata e che tanto preferisce Arturo. Perché sì, si capisce che “L’isola di Arturo” vorrebbe essere (e lo è) un romanzo di formazione. Ma per me, che un po’ come Arturo, nell’animo sognatore non nelle “passioni”, della realtà me ne faccio poco, a volte, beh, “L’isola d’Arturo” è invece un romanzo d’avventura. Fino alla fine, fino alla fuga, fino alla partenza per altri mondi.
Questa, la parte bella. Come bella è la voce seria, sicura, del “piccolo” adulto.
Non ci sono imbeccate. Non ci sono giudizi, anzi. Non servono. È tutto guardabile e comprensibile. Si vede e si sente, non serve “leggerlo”.
E si vede anche quel padre lì, quello struggimento in sottofondo. Il maschilismo. Sì, è un libro dai contenuti profondamente maschilisti. Quegli abusi. Quelle contraddizioni. Quell’amore, anzi quegli amori fortissimi. Il selvaggio.
È un romanzo davvero bello.
A riprova del fatto che contano i libri più che i loro autori…