«Due vite» di Emanuele Trevi
«Due vite» di Emanuele Trevi, che potevano essere anche tre, ha vinto il Premio Strega di quest’anno e, come pare essere la tendenza più letteraria di questi tempi, ha poco o nulla del romanzo romanzesco. Anzi, di questa, più che di altre opere mi viene da dire che sembra in tutto e per tutto un saggio narrativo: una bi-bio- autobiografia, e anche molto metaletteraria.
Non c’è trama. L’autore si fa narratore interno assumendo parte del ruolo di personaggio che interagisce con le «due vite» di altrettanti autori: Pia Pera e Rocco Carbone, dei quali non ho avuto piacere fino a oggi di leggere alcun libro. Ed è stato forse quest’ultimo fattore a determinare un mio minor coinvolgimento rispetto ad altre letture. Un contenuto che mi pare abbia invece molto convinto chi della Repubblica delle lettere ha probabilmente percorso pezzi di strada con loro, o che comunque ha avuto modo di incrociarli sulla via. Un lettore che non conosca almeno le opere di Pia e Rocco, e che manco si immagina come fossero fisicamente (per me Pia doveva essere piccolina e Rocco, un gigante) potrebbe rischiare di conservare poco o niente di questo testo a copertina chiusa; l’unica immagine che è rimasta a me, forse, è quella dell’incidente stradale di Rocco, e anche questa è frammentata.
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