«Avrei potuto sorprendevi con una storia, e invece ho scelto gli effetti speciali»

«Il Maestro e Margherita» di Michail Bulgakov

«Avrei potuto sorprendevi con una storia, e invece ho scelto gli effetti speciali» (non è una citazione).

Ho appena girato l’ultima pagina de “Il Maestro e Margherita” di Michail Bulgakov e non so bene che cosa dire, o forse sì, lo so, ma non oso. Diciamo che forse un giorno lo rileggerò e mi piacerà. Forse.
Non che non sia scritto bene, eh. Ci mancherebbe che mi permettessi di fare affermazioni di questo genere su un classico tanto decantato. E anche l’immaginario è bello ricco. Sì: decisamente ricco, sin troppo magari. Ricchissimo di immagini e di personaggi, almeno in termini numerici (cambiano i nomi, ma a me sembrano tutti uguali, amici del Diavolo a parte; che poi nel mio, di immaginario, non sono nemmeno “amici” – cioè extrapersonaggi -, ma sono il Diavolo stesso che si moltiplica e si incarna, quindi un’unica trinità 😉 ).

Ma veniamo alla storia.

LA STORIA:
Già, la storia. Ci fosse una storia! Se c’è, io non l’ho individuata. C’è giusto questo rompipalle di Satana che fa passare il tempo eterno rovinando le vite dei personaggi che desiderano o gloria o un amore illecito, per farla superspiccia: quindi, sì, al massimo potrei dire che è la “storia” di un diavolo in cerca di peccatori da portarsi a casa. Ma a me non basta.
Mi direte, “ma come? C’è il maestro che scrive il libro su Pilato…” e io rispondo: che pure questo libro interno non è una storia ma l’insieme di un paio di scene. “E allora”, mi direte ancora, “che cosa pensi del poeta, eh! Che gliene capitano di tutti i colori…” e io risponderei che, sì, è vero, capitano un sacco di eventi così, senza nessi e connessi, come si diceva una volta. Eventi che hanno per filo conduttore la presenza del Diavolo che ci mette sempre la punta della coda, facendo casino, come in un circo agitato dove ogni tanto si rompono i trapezi, o si sgonfiano i palloni delle foche. “E il teatro? E la cena dei 12 apostoli, cioè no, dei 12 letterati (il tredicesimo ormai è morto)? E, dai,” mi direte di nuovo: “c’è la storia d’amore tra il Maestro e Margherita”, e io rispondo: cioè, un incontro prima e un incontro dopo, dove capita – tra loro – poco e niente.

OLTRELATRAMA:
È un libro, dunque, che mi lascia diverse immagini, ma molto spezzate, schizzate, con pochi elementi comuni tra una e l’altra. Scene, eventi, tanti pezzi di puzzle accomunati al massimo da una macchiolina rossa al loro interno, ma che non si calamitano tra loro se non attraverso il riempimento di spazi vuoti con altre immaginazioni, possibilmente attinte dal mondo dell’assurdo, ma scontato. Sì, scontato perché sembra davvero un circo: dove tutto rimbomba di colori e corpi che si muovono, e pagliacci e nani… tutto rimbomba di immagini che però già conosciamo. Il gatto nero, il diavolo, gli occhi verdi, gli spostamenti temporali e i dislocamenti fisici… Non lo so. Per assurdo: non è riuscito a sorprendermi neanche un pochettino. Possibile con tutta quella roba che ci ha messo dentro? Sì, se mi è capitato. Colpa mia? Forse. Immagino che io non sia adatta alla lettura di questo libro. Magari mi mancano i riferimenti alle eventuali citazioni, mi sono detta a un certo punto. Quindi sono andata alla ricerca su internet di qualche nota su questo libro. Riassume bene il tutto Luca Tassinari che, per la serie “come sono fatti certi libri” pubblicata su Vibrisse l’anno scorso, parla proprio di questo romanzo. E così vengo a sapere che l’autore aveva qualche sassolino nella scarpa da togliersi; anzi, probabilmente il sassolino era un calcolo biliare. E vengo pure a sapere che in questo libro avrebbe unito la propria biografia all’invenzione letteraria per crearne una sua personale visione; e va bene, eh, lo capisco, ma a me sinceramente interessano poco i suoi livori. 
Di fatto, sapere questi retroscena mi convince ancora di più che probabilmente tutti quegli eventi descritti (usando, tra l’altro, immaginari di altri libri; facendo cioè “tecnicamente” una sfilza di citazioni che ancora di meno mi interessano) saranno solo trasposizione di cose accadute all’autore, in modo slegato, qua e là. Buon per lui se scrivendo questo libro è riuscito a levarsi qualche soddisfazione vomitando sulla carta la sua sarcastica rabbia, ma – lo ripeto – a me non ha lasciato che una centrifuga di immagini in testa; roba che non mi serviva. E mi scuso con tutti i letterati di quest’epoca che tanto lo hanno apprezzato e amato, ma si sa che io non sono “studiata” ^_^

PS: mi fu consigliato da una collega di penna perché “non puoi scrivere un libro che ha a che fare con le ombre senza leggere Il Maestro e Margherita”, ma di ombre – vere ombre – non ne parla per niente, a dispetto di quanto ho lasciato a mia volta credere in un precedente post. Se volete scrivere un libro che parla di o anche di ombre, potete farlo senza leggere questo.

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