«Cattedrale» di Raymond Carver (il singolo racconto)

È capitato che con un’amica – aggiungo di penna, ma non solo – abbiamo letto ad alta voce un racconto. E lo rifaremo con altri. È una sua idea. Una bella idea. Un’idea utile. Un modo diverso e molto concreto di ragionare sulla scrittura. Mi ha proposto un racconto di Raymond Carver che si intitola «Cattedrale». Lo so, è tra i più conosciuti. Lo avevo già sentito citare a più riprese, persino io, eppure non l’avevo ancora mai letto. 😊 E con il senno di poi, credo sia il racconto perfetto per avviare un’esperienza come questa: questione di incontri e condivisioni.
E allora? E allora niente, come mi capita per ogni lettura, mi va di dire quello che mi viene da dire, che ci è venuto da dire, in merito.
La bravura di Carver è indiscussa. Mi dicono, da sempre. E io che non conosco, mi fido, ovviamente. O mi sono fidata, se preferite. E ho fatto bene.
La storia è «facile». Il marito è un po’ razzista, arrogante per ignoranza, solitario non si capisce se per carattere o per destino, per nulla cattolico, ecc. E basta una citazione su tutte a racchiudere l’insieme di queste caratteristiche: “Ben presto Beulah – ndr. donna di colore – e il cieco si sono ritrovati all’altare. […] Però si sono sposati in chiesa lo stesso”.
Ebbene il nostro narratore, per l’appunto “il marito”, si interroga sull’imminente visita di un amico della moglie, Robert, il quale – caso vuole – è cieco. Il primo ne dice di ogni durante tutto il racconto, ma così tante, che gli si vuole quasi bene, e questo perché la maggior parte delle sue considerazioni lo rendono ai nostri occhi persino sciocco. Forse pure per il fatto che all’inizio parrebbe la storia di un uomo inutile e geloso degli “innamoramenti” (anche solo mentali) della moglie; cosa che passa poi in secondo piano.
Avviato il racconto, il cieco arriva poche pagine dopo. E qui le forze si modificano. La moglie rimane ferma sui propri pensieri, quasi preconcetti di formazione (che sono secondo me un’altra forma di pregiudizio, come può esserlo per l’appunto anche il buonismo portato all’eccesso, perché impedisce una conoscenza reale di chi “incontriamo”), mentre il marito si ritrova a confrontarsi con questo sconosciuto, con l’ignoto, mostrandoci però un atteggiamento di apertura maggiore rispetto a quello della consorte.
Carver mette dunque in campo una totale inversione dei rapporti di forza e di tensione narrativa che risultano essere non solo interessanti, ma anche avvincenti. Ora non sto però a spoilerarvi il resto, e tiro dritta alla conclusione.
Questo racconto ha tutte le caratteristiche della parabola, come la intendo io. Ci sono tutti gli elementi: il tema del pregiudizio, l’arroganza, l’invalido, l’incontro, il ribaltamento delle forze, il simbolismo cattolico racchiuso nella “chiesa” in quanto comunità, l’accoglienza, ecc… Ecco. “Cattedrale” è la parabola dell’uomo comune che schifa il diverso, ma che attraverso il cosiddetto arco di trasformazione del proprio personaggio, si ricrederà grazie alla conoscenza e alla comprensione che avverrà solo attraverso l’incontro dei corpi, della materia che si fa visione. Un piccolo miracolo che avviene solo dopo un viaggio da costa a costa. Dopo una stretta di mano forte e prolungata di chi dovrebbe essere il “miserabile” rispetto a chi si riteneva forte e sicuro di sé. Dopo qualche chiacchiera e reciproco studio. E via elencando…
“Cattedrale” è dunque la storia della nascita di una comunità, di una chiesa per l’appunto, di una cattedrale, attraverso l’abbattimento delle barriere, mentali e anche fisiche, e pure geografiche; dove il significato di una cosa monumentale, come può esserlo un duomo, viene facilmente condensato in due mani che ne tratteggiano a occhi chiusi le linee principali su un pezzo di carta di una busta aperta in due. In somma, non serve poi tanto per stare insieme bene, anche tra diversi.
Di mio aggiungo ancora una cosa: ho pensato durante tutto il racconto alla scrittura di Flannery O’Connor della quale, peraltro, non ho mai letto un racconto. Cose strane capitano nel cervello certe volte.