«Il ritratto di Dorian Gray» di Oscar Wilde

Che gran bel libro: geniale, audace (se penso poi che fu scritto nel 1890), sì, e sfacciatamente bello!
LA TRAMA
La conosceranno tutti, ad ogni modo: ci sta questo artista, un pittore, che è innamorato della bellezza di Dorian che si fa ritrarre. A quest’ultimo viene dato in dono l’opera che però gli fa crescere l’invidia per sé stesso, perché lei, l’opera, non invecchierà, mentre lui, sempre più narcisista, sì. Il giovane – corrotto soprattutto dalle parole di Henry – fa una specie di patto col diavolo come dice una “donnaccia” verso la fine della storia: Dorian manterrà la sua giovinezza mentre il quadro invecchierà e si imbruttirà. Affronterà ogni emozione con sempre maggior cinismo in nome di una bellezza che più che arte è per l’appunto una malattia, una macchia che lo inghiottirà poco a poco. Sfiora l’amore che non riesce tuttavia a salvarlo, anzi. Supererà in breve il suicidio della sua amata (da lui stesso cagionato), e farà un sacco di male un po’ a tutti nell’arco di un ventennio. Di fatto quel che accade è che tutto ciò che lui “tocca” viene rovinato. Non spoilero il resto, che come me magari ci sono altri che non lo hanno ancora letto. Restando in tema di arte, in pratica: Basil è l’artista, Dorian, l’opera, ed Henry, il mercificatore dei due, il diavolo stesso.
OLTRELATRAMA
È un libro pieno di idee e concetti sull’arte, sugli artisti, sul viverla e produrla, sulla simbiosi tra bellezza ed essere umano, sulla percezione di un’opera, sull’ammirazione, sulla sensibilità e sull’opera che può prevaricarla, sulla proiezione di noi stessi nell’oggetto ammirato, sull’amore, sulla ragione, sulla passione, sulla rinuncia, sui limiti sociali, sulla vanagloria, sul narcisismo estetico, sulla dicotomia tra arte e valori morali, su visioni e immaginazioni messe a confronto con la realtà. E su un sacco di altre cose. Che fanno tanto riflettere. Contiene così tante affermazioni autoconclusive, pillole filosofiche sulla vita e sull’arte messe in relazione, che ho pensato più volte che Wilde doveva essere proprio geniale, anche un po’ dannato, ma geniale.
Leggendo questo libro mi sono interrogata davvero tante volte su una questione oggi forse ancora più viva. Si ragiona spesso sull’arte come spartiacque tra chi sa farla e chi no, chi la fa e chi no, chi l’ha fatta e chi no, chi vorrebbe farla e chi no. Ma chi decide chi è in grado, chi ha talento, chi e per quale motivo ci si arroga il diritto di stabilire esattamente di che cosa sia fatta l’arte? C’è chi afferma che non ha nulla né di intellettuale né di razionale e chi ritiene che sia frutto solo di grande studio e ricerca.
Forse l’arte ha più facce. E una di queste è stata ben descritta nel post di Giulio Mozzi di ieri, che mi ha fatto un enorme (davvero, che non sa quanto, o forse sì) regalo di Natale, citandomi.
ALCUNE DELLE CENTINAIA DI PILLOLE FILOSOFICHE SU VITA E ARTE
Mi piacciono tutte un sacco, ma non posso trascrivere il libro intero. E se dico che mi piacciano non significa che le condivida. 😊
– “Con un abito da sera e una cravatta bianca – come mi hai detto una volta – chiunque persino un agente di cambio può procurarsi la reputazione di un essere civile” (dove conta la parola “chiunque” 😉 )
– “Ma è tremendo! (…) posso sopportare la forza bruta, ma la ragione bruta è assolutamente insopportabile. C’è qualcosa di disonesto nell’usarla: è abbattere l’intelletto.”
– “(…) la via del paradosso è la via della verità. Per attestare la realtà dobbiamo vederla sulla corda tesa. Solo quando le verità diventano acrobatiche possiamo giudicarle”
– “Per riavere la propria giovinezza basta ripetere le proprie follie (…) È uno dei grandi segreti della vita (…) le uniche cose che non si rimpiangono mai sono i propri errori”
– “Una grande passione è il privilegio di quelli che non hanno nulla da fare, è l’unica utilità delle classi oziose (…) Credo che il tuo carattere sia molto profondo (…) le persone che amano solo una volta nella loro vita sono le persone realmente frivole quelli che esse chiamano la loro lealtà e la loro fedeltà e il letargo dell’abitudine o la loro mancanza di immaginazione. La fedeltà è per la vita dei sentimenti, quello che la coerenza è per la vita dello spirito: semplicemente una confessione di fallimento.”
IN CONCLUSIONE
È un libro che dovrò rileggere prima o poi.
Un pensiero su “«L’arte è una malattia. L’amore, un’illusione»”