Frammenti sparsi di una cronaca incompiuta

«Hamburg» di Marco Lupo

Frammenti sparsi di una cronaca incompiuta. E in bianco e nero. Mi viene da dire questo del libro che ho appena finito. E dico libro perché ha poco o niente del romanzesco. Sembra piuttosto un saggio incompiuto. Parlo di «Hamburg» di Marco Lupo. Un bel libro che non saprei bene riassumere.

LA TRAMA
Ci sono delle persone. C’è una libreria e c’è un libraio. Ci sono testi scritti, libri senza pagine, …buchi narrativi o ricordi che mancano? Tutto il libro, la stessa Hamburg, la sua storia, sembrano essere composti solo da frammenti, che io ho memorizzato come vuoti temporali, di memoria, di documenti, di corpi, che sembrano presenti solo in modo impalpabile a volte, di buchi nella terra, nelle pareti dei palazzi, avanzi di uomini. Fantasmi di oggi e di ieri. E poi ci sono le vittime del bombardamento di Amburgo del 1943, un altro sterminio di cui restano di nuovo quasi solo frammenti, di una città, di donne e bambini, di storie.

OLTRELATRAMA
Non riesco a chiamarlo romanzo. E non è un documentario. Ha il sapore dell’indagine non compiuta perché è come se mancassero pezzi importanti; un’incompiutezza che non penalizza però, anzi, sembra chieda proprio di essere raccontata così com’è. A me è parso, infatti, di percepire l’urgenza di raccontare comunque quel che era stato raccolto, per l’importanza che quelle prove e testimonianze avevano, hanno. Forse mi pare così perché sembra suggerirlo la trovata che l’autore ha avuto mettendo in scena questi personaggi che ruotano attorno alla libreria e alle opere senza pagine… E sono infatti loro poi a raccontarci il seguito. O così mi pare di aver capito.
Un racconto che si presenta come un patchwork composto da pezzi di una cronaca ricca e colorata, anche se decisamente in bianco e nero.
A dargli un tono da reportage di guerra, quasi un bollettino narrativo, è l’insieme di quella che sembra una raccolta di documenti sparsi e testimonianze casuali di gente comune, ma giocano un ruolo anche le vere e proprie fotografie pubblicate nel volume.
Bello? Brutto? A chi piacciono i romanzi di trama non troverebbero quello che cercano in questo libro, ma lo stile, il passo, la voce, il punto di vista, a me sono piaciuti molto. E credo che la forza di questo testo stia proprio in quella sensazione che ti lascia addosso di pezzi che mancano come se avessero lo stesso peso delle immagini forti che sono contenute. È un libro riuscito, intendo dire. Secondo me.
Credo però di averlo letto troppo in fretta. Credo che quella voce lì mi abbia incantata talvolta facendomi perdere il senso del contenuto, perché mi piaceva il suono. Roba che non è da me. Credo sia un libro da leggere molto lentamente.
Ho trovato bellissima la parte della memoria, della ricostruzione di ricordi falsi sapendo di dover credere in essi tanto da farli diventare veri.

CITAZIONI:
«Disse che la letteratura non salva nessuno, che la letteratura non sfama e non riscalda, che è un deserto di voci che urlano in attesa che un’altra voce urlante faccia più o meno lo stesso. Disse che la letteratura è un monumento all’idiozia, alla polvere, al sesso osservato da quattro vecchietti in vena di recitare paroloni. Disse che di letteratura si può morire, se si è abbastanza stupidi da creder al suo valore salvifico. Disse che in molti si erano suicidati leggendo, e fece l’esempio dell’effetto Werther e del suo creatore, Goethe, che oggi condanneremmo per l’omicidio colposo di migliaia di idioti. Quando finì di parlare sembrava ancora più magro, come se le ossa si fossero ristrette. Poco dopo se ne andò. Il ritratto che gli ho fatto è nascosto in un quaderno nella nostra libreria. Spaventa molto i bambini».

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