«Il Grande Gatsby» di Francis Scott Fitzgerald

«Non esiste destino; se esiste, lo abbiamo costruito noi stessi»
Il Grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald è a dir poco avvincente, e a suo modo anche commovente. Mi ha incuriosita e pure un poco inquietata, perché intreccia una vena sottile di follia a un’arteria di apparente normalità, che di normale ha poco, come la vita. È un romanzo di grande tensione narrativa anche se pare che capiti poco, o tanto ma senza strombazzamenti.
LA TRAMA
Nick, narratore testimone, racconta la storia di un giovane uomo più mitologico che reale, del quale ci svelerà le verità solo con il dipanarsi della storia: chi è Gatsby? Da dove arriva? Che passato ha? Che cosa ha che fare con il mondo di cui si è circondato? Tra gli altri personaggi, un’amica quasi morosa, una cugina moglie di un violento, che ama la bella vita più dell’amore, un uomo al limite dello schifo. Un sacco di valori piegati dall’egoismo. E l’ingenuità di un ragazzo in cerca di una vita migliore e di dare un senso all’innamoramento che lo ha legato ai ricordi per anni.
OLTRELATRAMA
“Il Grande Gatsby” di Francis Scott Fitzgerald (1925, it, 1936)? Un moderno “Martin Eden” (v. romanzo di Jack London del 1909, la cui prima edizione italiana risale al 1925). Hanno “solo” sedici anni di distanza “anagrafica” questi due romanzi ma lo sviluppo dello stesso tema sembra completamente sconvolto. Come sconvolta è d’altronde l’ambientazione: prebellica e postbellica, dove i “sogni” sono gli stessi, ma i modi per raggiungerli sono ribaltati, come sembrano esserlo molti “antichi” valori. Non per nulla glorifica l’epoca dei cosiddetti Anni Ruggenti. Eppure, entrambi mostrano la corda del desiderio, dell’audacia e dunque degli stessi sogni. E ciononostante mi sono piaciuti molto entrambi. Martin Eden per maggior aderenza alla mia storia, il Grande Gatsby perché pare essere immortale; è scritto in modo tale infatti da sembrare attualissimo. Pochi fronzoli. Una costruzione pulita. La costruzione di una leggenda. Dove ciò che è vero e ciò che è falso si mescolano a tal punto da lasciare il lettore in continua tensione, sempre alla ricerca di capire quale sia la realtà narrativa.
Non so come sia l’originale in inglese e, forse, quest’ultima nota vale un complimento più che a Fitzgerald al suo traduttore (la mia versione è quella di Roberto Serrai, Marsilio), resta che le immagini non cambiano e se da una parte la lingua potrebbe averlo aiutato a svecchiarsi, la storia in sé resta fresca di suo.
Ed è stato così bravo da essere riuscito a scrivere una storia che potrebbe essere, in un certo senso, di formazione, senza legarla a quel mondo di scoperte che dura poco. Insomma è un libro che tiene nel tempo, attraversandolo senza invecchiare.
CITAZIONI
«Stavo (…) per tornare a essere il più limitato degli esperti, quello che si intende un po’ di tutto. Non è solo un epigramma in fin dei conti la vita la si guarda meglio da una finestra sola».
“«Quando ti viene voglia di criticare qualcuno», mi disse, «ricordati che non tutti a questo mondo hanno avuto i tuoi stessi vantaggi».”
Cara Manuela Mazzi, siamo dunque entrambi sedotti da Gatsby, dalla luce obliqua e radente della sua malinconia. Complimenti per il suo lavoro , con un caro saluto Michele
Inviato da iPad
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Ops, Michele. Scusa il ritardo con cui approvo il commento, per tacere della risposta. Vedo solo ora. Pubblico ma poi son poco pratica della gestione dell’insieme. Eh, be’, temo siano pochi quelli a non venirne sedotti, sebbene la “traduzione” conti molto, da quanto ho avuto modo di apprendere. Per dire, credo di essere stata fortunata ad aver letto la versione non “censurata”, o per meglio dire: non “linguisticamente raffinata”, così com’era invece in origine.
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