“…la ripresa e semplificazione del «reale», attraverso una nitidezza di dettagli che, per paradosso, genera un effetto straniante d’ispirazione onirica.”
È uscito oggi su “Azione” un mio articolo che ho scritto sulla mostra dedicata al “Realismo magico”, al Palazzo Reale di Milano: molto bella.
Un tema che molto mi interessa indagare non solo da un punto di vista pittorico ma anche narrativo, che tuttavia non coincidono. Il realismo magico al quale ci riferiamo oggi in letteratura poco ha che fare con quello pittorico degli anni Venti e Trenta del Novecento che invece condividono molto con il perturbante. Pubblico qui l’articolo perché in ogni caso si tratta sempre di “narrazione”.
La versione integrale del testo – per chi desidera leggerlo ma non ha accesso al cartaceo – si trova scrollando verso il basso oppure online (non richiede iscrizioni perché è un settimanale d’approfondimento gratuito) a questo indirizzo.
Ringrazio la redazione e in particolare Simona Sala per lo spazio che mi ha concesso.
Una realtà intrisa di mistero, ambiguità e sogno
Mostra – Negli spazi di Palazzo Reale a Milano un ricco percorso espositivo rivalorizza il Realismo Magico, significativa corrente artistica italiana degli anni Venti
/ 31.01.2022
di Manuela Mazzi
«La magia – scrive nel 1927 lo scrittore Massimo Bontempelli, che per primo parlò di Realismo Magico come concetto militante – non è soltanto stregoneria: qualunque incanto è magia; il fondo dell’arte non è altro che incanto. Forse è l’arte il solo incantesimo concesso all’uomo: e dell’incantesimo possiede tutti i caratteri e tutte le specie: essa è evocazione di cose morte, apparizione di cose lontane, profezia di cose future, sovvertimento delle leggi di natura, operati dalla sola immaginazione» (Maurizio Fagiolo dell’Arco, Classicismo pittorico. Metafisica, Valori Plastici, Realismo Magico e 900, Costa & Nolan, Genova, 1991, pag. 18).
Proprio al Realismo Magico è dedicata l’omonima mostra allestita a Palazzo Reale di Milano (fino al 27 febbraio 2022). A cura di Gabriella Belli e Valerio Terraroli, esibisce oltre 80 capolavori dei più brillanti artisti che adottarono questo stile, anche solo per poco. Un’esposizione preziosa non solo per rivalorizzare, dopo trentacinque anni di oblio (risale al 1988 l’ultima mostra dedicata a questa corrente), un momento significativo dell’arte italiana, ma anche perché alcune di queste opere – quelle della collezione privata del noto gallerista e studioso d’arte milanese, Emilio Bertonati (1934-1981) – sono mostrate per la prima volta al pubblico. Tra questi anche alcuni pezzi della Neue Sachlichkeit, «Nuova oggettività», movimento tedesco coevo del Realismo Magico, con il quale condivide alcuni tratti, pur divergendo nel contenuto e nel valore.
A coniare l’ossimoro Realismo Magico, in effetti, non fu Bontempelli, ma l’artista tedesco Franz Roh, anche se ne parlò solo a titolo descrittivo nel suo Nach-Expressionismus – Magischer Realismus. Probleme der Neusten Europäischen Malerei(1925, Leipzig, Klinkhardt & Biermann), di cui la versione italiana, Post-Espressionismo. Realismo magico. Problemi della nuova pittura europea, è a cura di Sara Cecchini (Liguori, 2007, Firenze). Così si legge a pagina 3: «Con la parola “magico” in opposizione a “mistico” si vorrebbe indicare che il mistero non si inserisce nel mondo rappresentato, ma che si nasconde dietro di esso».
Non fu tuttavia un vero e proprio movimento artistico. Ad appartenere al Realismo Magico furono singoli artisti che mantennero la loro individualità senza mai creare un vero e proprio manifesto, per cui più che aderire a una teoria estetica o a una dichiarazione di intenti, ad attribuirne l’appartenenza di un pittore è un «clima», una percezione che le opere stesse suggeriscono. Da qui la ragione per cui quella che viene chiamata «grammatica espressiva» è spesso impastata di Novecentismo, Metafisica, Art Déco e Surrealismo, tutti movimenti artistici (questi, sì) coevi.
Nato negli anni Venti, questo stile originò opere fino alla prima metà degli anni Trenta, ovvero dopo le avanguardie futuriste e cubiste. A cavallo tra le due guerre mondiali. Più che un movimento, si diceva, il Realismo Magicoè dunque «un modo di sentire, percepire, leggere e interpretare il contingente, la quotidianità, il qui e ora, il cui medium è una pittura che, opponendosi alle tensioni dinamiche futuriste e alle sensibilità deformanti espressioniste, si colloca in una posizione equidistante sia da un generico ritorno all’ordine antimodernista (…) sia dalle invenzioni metafisiche dechirichiane» come spiega Valerio Terraroli, nel saggio scritto per il catalogo della mostra (edito da 24ore Cultura e Palazzo Reale). «Eppure – prosegue – essa vive di un’imprescindibile relazione con ambedue questi percorsi, dai quali, con gradazioni diverse, trae sunti, formule e idee».
Tra queste, il ritorno figurativo, con la ripresa e semplificazione del «reale», attraverso una nitidezza di dettagli che, per paradosso, genera un effetto straniante d’ispirazione onirica. Obiettivo di questi pittori: scoprire e rivelare il senso del magico (dell’incanto, del miracolo) nella vita quotidiana, come reazione post-decadentista. Eppur tuttavia: «Il Realismo Magico è caratterizzato dal mistero e dal sogno rivestiti di rimandi alla classicità. È una pittura sapiente, immacolata, algida, oggettiva, ma intrisa di mistero e ambiguità», spiega Terraroli.
Visitando la mostra si intravvedono, infatti, schemi prospettici quattrocenteschi, figure monumentali, atmosfere surreali, personaggi dai gesti e dalle espressioni impassibili, il tutto avvolto da una sorta di immobilità d’azione, e tanta malinconia. Ma anche oggetti divisi, tangibili e levigati. Ritratti e natura morta sono di fatto i principali soggetti attraverso i quali gli artisti hanno espresso questa arte. Quasi a costruire realtà che appaiono artificiali, più che naturalistiche. Artificiali perché «congelano» o «sospendono» le relazioni tra familiarità ed estraneità, innescando quel che Freud chiamò il perturbante, nel suo omonimo saggio che data 1919. Elementi caratterizzati da una quasi totale assenza di chiaroscuro, e rafforzati da una pulizia formale data da contorni ben delineati e materie chiare, per non dire delle posture dei ritratti che assecondano i loro sguardi persi: hanno infatti spesso occhi chiusi o rivolti in un altrove mentale, fissi e assenti; non osservano un paesaggio, appoggiano lo sguardo su muri o pavimenti, oppure lo lasciano vagare nel vuoto.
Tre, gli ambasciatori italiani del Realismo Magico: i primi due sono i più ortodossi, ovvero Antonio Donghi e Natalino Bentivoglio Scarpa (noto dal 1924, con lo pseudonimo Cagnaccio di San Pietro), loro rimarranno sempre fedeli a questo stile; il terzo è Felice Casorati che divenne alfiere del «movimento» nel 1924 grazie alla XIV Biennale internazionale d’arte di Venezia, all’interno della quale gli fu dedicata una personale che si fece ben notare.
Sono tutti presenti alla mostra milanese con i loro capolavori. Nelle sue opere, Donghi esprime una venatura sognatrice e surreale (come nel dipinto Ragazzi alla finestra); è moderato, almeno in apparenza, ma comunque sempre «in fuga dalla verità», come scrive Gabriella Belli, nel catalogo della mostra.
Casorati è più tornito e plastico, ma anche più autobiografico e malinconico. Mentre il Cagnaccio non fa sconti: il suo capolavoro è di certo Dopo l’orgia, che esprime una crudezza non volgare, spesso presente anche in tutti i suoi altri dipinti. È lui, l’artista che oserà di più in termini di critica sociale, denunciando con la sua poetica il degrado morale di quegli anni. Basti pensare a L’alzana, che presentò alla Biennale di Venezia del 1926. Il dipinto che ritrae l’omonima fune da ormeggio usata per trainare in laguna le imbarcazioni a rimorchio da uomini impiegati come animali da tiro, restituisce la fatica del popolo, sia inserendo il dettaglio dell’immagine devozionale sulla prua della barca, sia restituendo lo sforzo estremo, umile e degradante messo in evidenza dalla definizione di muscoli ed espressioni, ma anche dall’immobilità resa da una sorta di sospensione del movimento. Ebbene, proprio questo «monumentale dipinto spinge al limite estremo la “nuova oggettività all’italiana”».
Cosa che infastidirà non poco il regime fascista, il quale attraverso le opere del Cagnaccio di San Pietro – che biasima il perbenismo, il moralismo e il machismo di quell’Italia fascista – si sentirà criticato tanto da censurarlo, impedendogli di mostrare alla Biennale del 1928 le sue opere più estreme come, oltre il citato capolavoro Dopo l’orgia, anche Zoologia e Primo denaro.
Tra gli altri esposti vale la pena citare: Carlo Carrà, Gino Severini, Achille Funi, Ubaldo Oppi, Mario Broglio e, tra tanti altri, si trova anche il quadro Autoritratto del notissimo pittore metafisico Giorgio de Chirico.
Dove e quando
Realismo Magico, Palazzo Reale, Milano.
Fino al 27 febbraio 2022.
La mostra è curata da Gabriella Belli e Valerio Terraroli ed è promossa e prodotta dal Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE.