La metafora giustificata

«La straniera» di Claudia Durastanti

«La straniera». Così si intitola il romanzo di Claudia Durastanti (Nave di Teseo). E no, non c’entra niente con «Lo straniero» di Camus, per cui non entro nemmeno nel merito. Mi è piaciuto. Lo dico subito. Mi ha sorpresa in modo positivo. È un libro che si fa leggere alla svelta (o forse è l’effetto dopo «Karenina»). Ho trovato originale il tema, lineare la storia, azzeccata la struttura, abbastanza onesta la voce, curiose alcune metafore, e nonostante qualche accenno al “femminismo”, l’ho trovato un libro che ha poco del femminile (e per me è un complimento di gusto, non amando il genere troppo spruzzato di rosa). E infatti ha un punto di vista sulle cose, sul mondo, sulle vicende, sul relazionarsi, sul sentirsi straniera, che riconosco.

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L'assenza di ribellione

«Cella» di Gilda Policastro

L’assenza di ribellione. Cioè: se cella c’è, e se essa contiene una forma vivente, questo essere non appare in cattività, vale a dire non è per nulla un animale che cammina avanti e indietro per liberarsi, nervoso, pronto a graffiare, no, è un animale che ci sta bene là dentro, che sembra essere la casa che gli serve, che se gli crei un varco tra le sbarre, quello lo richiude a calci piuttosto che scappare. Ho finito di leggere «Cella» il romanzo di Gilda Policastro (Marsilio). E ci ho trovata una voce autentica.

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