Rassegnazioni, assenze e nostalgie

«L’altro addio» di Veronica Tomassini

Ho finito di leggere anche «L’altro addio» sempre di Veronica Tomassini (Marsilio edizioni).
In teoria il tema, i personaggi sono circa gli stessi del precedente «Sangue di cane».
Credevo si trattasse del punto di vista del protagonista maschile, ma non è proprio così. Il narratore è sempre “Lei” che si “immedesima” in ciò che accadde all’uomo di cui era/è innamorata, soprattutto dopo la sua “ultima” fuga. Stessa autrice, stessa storia, stesso “stile” eppure così profondamente diverso. Esatto. È un libro che non riscrive la storia, la vive proprio in modo diverso.

Nel primo, “Sangue di cane” parlava un cuore forte, qui parla un “cervello ferito”. Per questo non è il punto di vista di un’altra persona, ma uno sguardo molto diverso della stessa; così è parso a me. E non vi nascondo che – sebbene anche questo abbia una sua intensità, sebbene anche questo sia bello – ho preferito “Sangue di cane”. Certo anche questa versione pare una parabola sulla misericordia, ma senza la consolazione della forza della speranza. Qui c’è semmai una ineluttabile rassegnazione, piena di assenze e nostalgie. E cervello. E delirio di una disperazione appunto rassegnata. Tanto che la storia alla fine si accartoccia su sé stessa. In un modo quasi ossessivo. Come quelle storie che si rimuginano di continuo perché non si trovano soluzioni. Quelle storie che ti fanno impazzire nel silenzio. Vale comunque la pena leggere entrambi, perché – come dico – in verità “non è la stessa storia”.

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